Non è più fantascienza: un algoritmo può scrivere una hit, imitare una voce famosa o comporre una colonna sonora.
Ma quando una macchina crea musica, a chi appartiene quel brano ?
L’IA generativa sta riscrivendo il business musicale e, con esso, le regole legali che lo sostengono.
Startup e major stanno integrando tool generativi in produzione e promozione.
La musica diventa programmabile e questo apre scenari nuovi: chi è il titolare del diritto ? come si gestiscono le royalties ?
E soprattutto: cosa succede se l’IA usa, anche solo in parte, materiale protetto da copyright ?
Autore o algoritmo ? Serve stabilire se l’IA è co-autrice o strumento.
Dataset protetti: molti modelli vengono addestrati su opere già coperte da diritti.
Licenze di training: si moltiplicano gli accordi tra tech company ed editori per l’uso dei repertori.
Responsabilità: chi risponde se un brano generato copia inconsapevolmente un originale ?
Le etichette stanno inserendo nei contratti clausole IA-friendly (che definiscono cosa è lecito generare e come), diritti di training e output (chi incassa e come si divide), divieti espliciti sull’imitazione di voce o stile senza consenso e sistemi di tracciamento dell’origine dei file.
Cosa possiamo fare per ora noi Avvocati ?
Integrare nel contratto di edizione o licenza le parole “AI”, “training”, “output”.
Creare un registro interno delle opere generate con strumenti AI.
Specificare in ogni progetto chi ha autorizzato l’uso di modelli o dataset.
Inserire clausole di esclusione per le voci e gli stili protetti.
La musica generativa non è una minaccia, ma un nuovo strumento creativo.
Il punto è governarla, non subirla.
Le regole non servono a bloccare la creatività, ma a darle forma e valore.
Avv. Fabio Falcone
