Nell’ultimo periodo gli artisti che arrivano nel mio studio o passano a visitarmi sul sito http://www.fabiofalcone.com mi fanno tutti, più o meno, la stessa domanda: “Fabio… ma se l’intelligenza artificiale continuerà a scrivere canzoni, a pubblicare dischi e a macinare stream… che ne sarà di noi?”. È una domanda che ormai sento quasi ogni giorno, detta con quella voce mezza ironica e mezza seria, ma con gli occhi preoccupati. Perché dietro c’è paura vera: la paura di essere sostituiti. E non è un dettaglio, perché qui non stiamo parlando solo di musica, ma della loro vita, della loro identità, di anni passati a costruire un percorso.

E sì, è vero: l’AI oggi può scrivere testi, creare melodie, produrre basi e fare in un’ora quello che a noi richiede giorni, settimane, mesi. Le piattaforme si riempiono di brani creati da software, alcuni pure belli. Ma la verità è che l’artista non perde la sua carriera perché la macchina scrive. L’artista perde quando smette di essere umano.
La musica non è solo suono. Non è una formula matematica, non è una sequenza di prompt ben scritti. La musica è storia, emozione, sguardi, cicatrici. Quando ascoltiamo una canzone vera, anche senza saperlo, il nostro cervello lo percepisce: sente che dietro c’è qualcuno in carne e ossa, che ha vissuto davvero quello che sta raccontando. Ed è lì che nasce la connessione. Perché chi ascolta, soprattutto nei momenti più fragili, non vuole solo una bella canzone: vuole sentirsi capito. E una macchina, per quanto brava, questo non potrà mai offrirlo davvero.
E poi c’è il palco. Quello è il terreno dove l’AI non potrà mai mettere piede. Un concerto non è solo musica dal vivo: è uno scambio, un’energia che scorre tra chi canta e chi ascolta, tra chi si emoziona sul palco e chi si emoziona sotto. Quella roba non si programma, non si simula, non si prompta. Quella roba si vive.

Un artista ha un superpotere che nessuna intelligenza artificiale avrà mai: può costruire relazioni vere. Può sbagliare, ridere, raccontarsi, condividere la propria umanità. Può trasformare un brano in un’esperienza, in un simbolo, in una storia condivisa. L’AI può solo pubblicare. Tu puoi lasciare un segno.
Il problema è che tanti artisti oggi combattono nella zona sbagliata. Passano le giornate a inseguire playlist e algoritmi, che sono esattamente il terreno su cui l’AI gioca meglio. Ma la vera partita non è quella. La vera partita è nella relazione con le persone. Chi cerca una connessione profonda non apre Spotify per trovare un nome a caso: cerca te, la tua voce, la tua verità.
La musica è un mezzo, non un fine. Serve ad aprire una porta, quella dell’emozione, del riconoscersi, dell’appartenere. E quella porta non la apre un algoritmo: la apre un essere umano.
Quindi sì, l’AI sarà sempre più presente nel mondo della musica. E sì, potrà anche fare cose incredibili. Ma la differenza la farà chi saprà restare umano, chi avrà il coraggio di non ridursi a un contenuto da playlist. Perché un prompt può generare un suono. Ma solo una vita vera può generare una connessione vera.
E quella, amici miei, non ve la ruba nessuno.
Avv. Fabio Falcone

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"Conosco Fabio da 20 anni. Abbiamo sognato insieme e siamo cresciuti su 2 parallele, insieme. Un grande professionista, leale e visionario."
Stefano Karakotch
(Direttore Marketing e Promo Sony Music)